Avversari e mostri d’inchiostro: il Troll e D&D

Nella rubrica Stoccate d’inchiostro abbiamo iniziato ad occuparci della narrazione dei combattimenti, situazioni che spesso sono presenti del gioco di ruolo e nella scrittura che contempli scene d’azione. Ogni scontro per i protagonisti o per i giocatori prevede che ci siano avversari ed antagonisti e qui vogliamo occuparci di tali figure, cominciando con il Troll, che più volte ricorre nell’immaginario e nella letteratura fantasy.
Nella mitologia scandinava “troll” è il generico nome che indica il popolo fatato e dei folletti. La parola significa in antico norreno “spirito malvagio, demonio o mostro”. Essi vivono all’interno delle colline, talora in solitudine, talora organizzati in società, con tanto di re. Si tratta di esseri abbastanza benevoli, che però possono anche rapire donne e bambini. Odiano soprattutto i rumori, in quanto Thor è solito scagliare contro di loro il suo martello del fulmine e del tuono; hanno il potere di rendersi invisibili, o di assumere qualsiasi forma, e conoscono il futuro. Il loro aspetto è spesso assai sgraziato: sono per lo più dei nani, con la gobba e lunghi nasi; vestono di grigio, col classico berrettino rosso degli esseri fatati. Tuttavia nei miti più antichi essi erano invece dei giganti; il fatto non deve stupire perché i nani e i giganti sono due categorie di esseri strettamente imparentate e sovente interscambiabili. Appartengono infatti ad un livello di strutture simboliche in cui la fluttuazione dimensionale è semplicemente indicativa di uno status extraumano e spirituale. [1]
Il troll ricorre anche nel gioco di ruolo a tema fantasy e non può certo mancare nell’arsenale di mostri e creature del gdr fantasy più famoso al mondo, Dungeons & Dragons: l’illustrazione che apre l’articolo è presa dal Monster Manual della 5° edizione di D&D, nel quale i troll sono descritti come creature dotate di un mostruoso appetito congenito che si cibano di tutto ciò che riescono a catturare e divorare, come privi di una loro società e che, a volte, prestano servizio come mercenari presso orchi, ogre, megere e giganti. La loro caratteristica più notevole e peculiare è tuttavia la grande capacità di rigenerazione, che arriva persino alla ricrescita di interi arti e della testa e ovviamente alla possibilità di riattaccarsi facilmente gli arti che, se recisi, ancora sono in grado muoversi animati di vita propria. A quanto pare solo l’acido e il fuoco possono arrestare le proprietà rigeneranti della carne dei troll [2]. Tali caratteristiche non si evincono immediatamente dai miti scandinavi e verrebbe da chiedersi se Gygax se le sia inventate di sana pianta o le abbia tratte da una qualche fonte. Il seguente brano, tratto da Tre cuori e tre leoni dello scrittore danese Poul Anderson, risponde perfettamente a tale interrogativo, oltre che descrivere un efficace e ostico combattimento tra il protagonista e i suoi alleati ed un coriaceo troll.

Il Troll come raffigurato nel Monster Manual della prima edizione di Advanced D&D.

— Silenzio, laggiù — ringhiò Hugi. — Siamo arrivati proprio al nido del troll.
La galleria finiva lì. La luce della torcia non si estendeva molto in là nella caverna. Holger scorse le pareti incurvarsi verso l’alto, per perdersi in una mobile oscurità. Il suolo era coperto da uno strato molto alto di rami, foglie, paglia imputridita e ossa: dovunque c’erano quelle ossa rosicchiate. Il fetore della morte lo sopraffece, lo costrinse a vomitare.
— Fermo, ti ho detto! — intimò Hugi. — Credi che a me piaccia tal luogo? E adesso, piano, in punta di piedi, procediam da quella parte. Sull’altro lato molte vi son vie d’uscita.
Lo strato di foglie e di ossa scricchiolò sotto il loro peso, con uno scricchiolio che si faceva più forte ad ogni passo. Holger faticava a tenersi in equilibrio su quel fondo ineguale e troppo spesso. Inciampò contro un tronco, e un ramo gli graffiò la guancia, come se volesse strappargli gli occhi. Un osso umano si schiantò sotto il suo piede, quando lo calpestò. Dietro di lui, i cavalli affondavano; erano troppo pesanti. Li sentì guazzare, divincolandosi, e lanciare nitriti di sdegno.
La torcia si ravvivò. E nello stesso istante, Holger avvertì un soffio d’aria fredda.
— Oh, non siam molto lontani dalla cima del nido! — esclamò Hugi.
— Oh! — fece l’eco. — Oh! Oooh…
E da sotto le foglie morte uscì strisciando il troll.
Alianora lanciò un urlo. Holger pensò, assurdamente, che prima di quel momento non aveva mai sentito tanto terrore nella voce della ragazza.
— Dio abbia pietà di noi! — esclamò Carahue.
Hugi si rannicchiò, ringhiando. Holger sentì la spada sfuggirgli di mano e cadere, si chinò per raccoglierla, se la lasciò sfuggire una seconda volta, mentre il sudore lo ricopriva all’improvviso.
Il troll si trascinò più vicino.
Era alto forse due metri e mezzo, forse anche di più: avanzava piegato in avanti, con le braccia penzoloni che sfioravano le grosse gambe dai piedi unghiuti, ed era difficile capire quanto fosse alto. La sua pelle verde, completamente priva di peli, si muoveva sopra il corpo. La testa aveva una bocca che sembrava una fenditura, un naso lungo un metro, e due occhi che sembravano due pozze nere, privi di bianco e di pupilla, due occhi che assorbivano la luce fievole della torcia senza rifletterne minimamente lo scintillio.
— Oh oh! — sogghignò il troll. E allungò la mano.
Carahue gridò, la sua scimitarra lampeggiò, colpì con un suono simile a quello della scure di un macellaio.
Dalla ferita si levò un filo di fumo. L’espressione sogghignante del troll non cambiò. Tese verso Carahue l’altra mano. Holger recuperò la spada e attaccò quel braccio.
Il troll gli sferrò un pugno, che Holger ricevette sullo scudo. Il legno crepitò, spaccandosi. Il danese cadde riverso sul mucchio fetido che copriva il pavimento. Restò disteso per un attimo, cercando di riprendere fiato.
La cavalla di Carahue lanciò uno strido di terrore e cominciò a balzare qua e là, mentre Alianora si aggrappava alle redini: fu tutto ciò che Holger vide prima di rimettersi in piedi. Poi il suo sguardo si fissò su Carahue.
Il saraceno si stava muovendo agile sul nido, quasi come se danzasse. Incredibilmente, riusciva a mantenersi in equilibrio. Schivava ogni goffo attacco del troll, e la sua scimitarra non si arrestava neppure per un istante: sibilava e colpiva, rapida come la folgore; e Carahue continuava a sorridere. I colpi, uno dopo l’altro, si affondavano nella carne verde. Il troll si limitava a grugnire. Ma Carahue continuava a cercare il polso destro, freddamente.
E finalmente, con un ultimo colpo, riuscì a staccare la mano del troll.
— L’altra! — urlò, ridendo. — Fammi un po’ di luce, Hugi! — gridò, cercando di aiutare Alianora a calmare la giumenta bianca. Papillon si aggirava in cerchio, aspettando l’occasione per intervenire.
Quando il troll sferrò un pugno con la mano sinistra in direzione di Carahue, lo stallone scattò. Balzò alle spalle del mostro, e con gli zoccoli anteriori colpì il dorso gigantesco con furia terribile. Il troll cadde a faccia in giù. Papillon s’impennò in tutta la sua altezza e ricadde con forza. La testa del troll si sfracellò sotto il suo peso.
— Dio misericordioso — ansimò Carahue, e si fece il segno della croce. Poi si rivolse a Holger e gli gridò, allegramente: — Non è andata poi tanto male, no?
Holger guardò il proprio scudo incrinato.
— No — disse, malinconicamente. — No, non è andata poi tanto male, se non teniamo conto della mia figuraccia.
La giumenta bianca stava ancora tremando, ma si era calmata un poco. Alianora le stava accarezzando il collo.
— Andiamo, uscir di qui dobbiamo — disse Hugi. — Questo puzzo squagliar mi fa il naso.
Holger annuì.
— L’uscita non dovrebbe esser lontana… Jesu Kriste!
Come un enorme ragno verde, la mano recisa del troll stava correndo sulle dita. Salì lungo la montagna di detriti, si inerpicò su di un tronco artigliando la corteccia con le unghie, ridiscese, finché trovò il polso mutilato. E si riattaccò.
La testa schiacciata del troll ribollì e si rimise insieme. Il mostro si rialzò in piedi e li guardò sogghignando. La luce della fascina gettava riflessi rossi sulle sue zanne.
Il troll avanzò pesantemente verso Holger. Per un attimo, il danese provò la tentazione folle di fuggire. Ma non c’era via di scampo. Sputò e sollevò la spada. Mentre il troll si tendeva verso di lui, colpì con tutte le sue forze.
La lama affondò in quel braccio grosso come il ramo di una quercia. L’oscurità si riempì del clangore del ferro. Sgorgò un fiotto di sangue verde, che diventò nero tra il fumo di quella carne innaturale. La spada sembrava risplendere. Finalmente, il braccio si staccò dalla spalla, rotolò su di un mucchio di foglie, si agitò, poi cominciò a strisciare verso il corpo mutilato.
Carahue attaccò da destra. La sua scimitarra ritagliò un gran pezzo di carne delle costole del mostro. E quel brandello, con un suono succhiante, strisciò verso il suo proprietario. Papillon s’impennò e colpì di nuovo con gli zoccoli anteriori. Metà della faccia del troll venne strappata via. Le mascelle caddero sotto lo stallone e si chiusero attorno ad uno dei suoi garretti. Papillon nitrì e scalciò. Con la mano superstite, il troll gli graffiò i fianchi, facendone spicciare il sangue. Carahue si lanciò per mettersi in mezzo, ricevette un colpo contro il ventre difeso dalla corazza, cadde con un tonfo metallico e non si rialzò.
Era veramente impossibile uccidere un troll, pensò Holger. Era orribile, dover morire lì dentro.
— Vattene, Alianora!
— No! — Afferrò la torcia e si avvicinò a Papillon, che sembrava impazzito per il dolore, e che aveva ancora i denti del mostro serrati intorno al garretto. — Te lo toglierò io! — gridò allo stallone. — Tu stai fermo ed io ti libererò.
Il troll raccolse il braccio sinistro e lo rimise al suo posto. Quello che restava del suo viso sembrava ancora ridere. Holger colpì e colpì, aprendo ferite profonde che tuttavia si rimarginavano immediatamente. Indietreggiò, vacillando. Al di là del troll vide Alianora chinarsi sotto gli zoccoli frenetici di Papillon, afferrare le briglie. Lo stallone si fermò. La ragazza si inginocchiò per tentare di disserrare le mascelle.
Quando avvicinò la torcia, i denti lasciarono la presa. Lei si scostò, sbalordita.
— Oh oh! — fece il troll. Si allontanò da Holger, corse verso le ossa, le raccolse e se le fissò alla testa. Digrignando i denti recuperati, si girò per affrontare di nuovo il danese.
Alianora lanciò un grido e lo colpì al dorso con la torcia. Il troll ululò e cadde sulle mani e sulle ginocchia. Sulla sua pelle verde apparve una scottatura che non si rimarginò.
Quella certezza lampeggiò fulminea nella mente di Holger.
— Fuoco! — ruggì. — Accendete un fuoco! Bruciamo il mostro!
Alianora lanciò la fascina in un mucchio di paglia, che s’incendiò immediatamente. Il fumo pizzicò il naso di Holger… un fumo pulito, pensò, pazzamente, fiamme pulite che bruciavano il fetore di tomba attorno a lui. Si fece forza e colpì di nuovo.
Una mano verde volò via dal polso, piombò al centro della caverna. Alianora vi balzò sopra. La mano si contorse nella sua stretta, le dita simili a vermi cercavano di graffiarla per liberarsi. Alianora la gettò nel fuoco. Per un attimo la mano si contorse, arrivò addirittura a uscire strisciando dalle fiamme. Ma era già annerita, semicarbonizzata. Crollò, morta, e il fuoco si estese e l’avvolse.
Il troll gemette. Avventò il braccio mutilato come se fosse una clava, e fece schizzare la spada dalla stretta di Holger. Il danese si lanciò per riprenderla, e il troll gli piombò addosso. Restò per un attimo sotto quella massa immane, senza poter respirare. Poi Papillon attaccò, e il mostro si ritrasse.
Carahue si rialzò, barcollando, e riprese a combattere. Papillon era riuscito a rovesciare il troll al suolo. Carahue lo colpì a una gamba, una e dieci volte. Quando fu riuscito a staccarla, Alianora l’afferrò tra le braccia. Il fuoco, ormai, si era attaccato alla legna. Il suo crepitio era divenuto un rombo, e riempiva di luce la grotta. Facendo appello a tutte le sue forze, la ragazza gettò tra le fiamme la gamba che scalciava.
Holger ritornò. Una mano si chiuse attorno alla sua caviglia: l’altra mano, recisa da Carahue. La staccò con forza e la lanciò nel fuoco. Ma sbagliò mira, e l’arto andò a cadere fuori dalle fiamme, si trascinò al sicuro sotto un tronco. Hugi le fu sopra. Gnomo e mano cominciarono a rotolare, avvinghiati.
La testa del troll era caduta. Cercava ancora di mordere, quando Holger l’infilzò con la spada e la lanciò nel fuoco. La testa rotolò indietro, bruciando e spargendo le fiamme, verso Alianora. Holger l’infilzò di nuovo. Senza pensare a quello che sarebbe accaduto alla tempera della lama, inchiodò con la spada la testa del troll in mezzo al fuoco, fino a quando si fu consumata.
Rimaneva il tronco. Fu il compito più difficile; Holger e Carahue rotolarono quella massa pesante come il mondo nella fornace al centro della caverna, mentre la cosa si difendeva attaccandoli con gli intestini che si agitavano come serpenti. Poi, non riuscì a ricordare chiaramente cosa fosse accaduto. Comunque, riuscirono a bruciare anche il torso del troll.
Un ultimo lampo attirò la sua attenzione. Rosso e lacero come le stesse fiamme, Hugi gettò la mano del troll alla distruzione. Poi crollò al suolo e giacque immobile.
Alianora si lanciò su di lui.
— È ferito gravemente! — gridò. Holger la sentiva appena, attraverso il rombo del fuoco. Il calore e il fumo lo stordivano. — Hugi! Hugi!
— Faremo meglio a fuggire, prima che questa caverna si trasformi in un forno — ansimò Carahue all’orecchio di Holger. — Guardate come il fumo viene risucchiato da quella galleria. Deve essere l’uscita. Lasciate che Alianora porti il nano, e aiutatemi a calmare questa mia stupida cavalla!
Riuscirono a calmare la giumenta bianca. Riuscirono a percorrere una galleria in cui ogni respiro diventava una tortura. E finalmente uscirono all’aperto. [3]

Nel brano è descritta la tana del troll, un luogo cupo e terribile già di suo, che diventa ancora peggiore una volta che la creatura si palesa, incutendo un gran timore nel valoroso Holger, un timore che anticipa la descrizione stessa del troll ed aumenta la tensione della scena. L’immagine in copertina, come vediamo, è piuttosto fedele alla descrizione di Anderson, rende bene l’incedere gobbo, quasi scimmiesco, del mostro. Il troll, anche se goffo, è un avversario formidabile, e non solo per la sua forza: il colpo di scena di un’avversario mutilato che si ricompone ed è di nuovo pronto a combattere, anche se già visto, risulta sempre efficace. Anche se fatto a pezzi, il troll non cessa di essere pericoloso, anzi, riesce a mettere ancor più in difficoltà i protagonisti, che si trovano ad affrontare più avversari insieme. Solo il gesto fortuito di Alianora, che avvicina la torcia alle mascelle del mostro rivelando così il suo unico punto debole, determina una svolta in uno scontro a dir poco arduo, se non letale. I nostri eroi erano all’oscuro della vulnerabilità del troll nei confronti del fuoco e questo è proprio ciò che rende il combattimento interessante. Anche dopo la loro scoperta, comunque, Holger e i suoi amici non hanno vita facile: sbarazzarsi del famelico e inarrestabile nemico è un’impresa non da poco dal momento che il troll deve essere smembrato ed ogni singolo singolo pezzo gettato tra le fiamme. Questione che, almeno a livello di meccaniche, non è ben resa nell’ultima edizione di D&D, mentre lo è nella prima edizione di Advanced D&D.
La scena, e con essa il capitolo, si chiude con la vittoria dei nostri e la loro fuga dalla tana del troll ma il lettore resta ancora con il fiato in sospeso: Hugi, che è stato gravemente ferito, riuscirà a salvarsi?

Un minaccioso Troll delle caverne da Il Signore degli Anelli – La compagnia dell’anello diretto da Peter Jackson

A Tre cuori e tre leoni, che è una delle opere che hanno ispirato Gygax per la creazione del suo gioco [4], abbiamo dedicato un apposito articolo: chiunque volesse approfondire l’opera di Poul Anderson vi troverà anche una puntata del nostro podcast, che contiene un’intervista all’autore italiano Umberto Pignatelli.

Fonti: [1] Massimo Izzi, Il dizionario illustrato dei mostri, 1989, Gremese editore; C. Lecouteux, Les nains et les elfes au Moyen Age, Paris Imago, 1988; A. Scott & M. Scott Rohan, Fantastic People, New York, Galahad Books, 1980; T. Keightley, The World Guide to Gnomes, Fairies, Elves and Other Little People, New York, Avenel Books, 1978 (ristampa dell’originale del 1880 dal titolo The Fairy Mithology); D. Spada & G. Tavaglione, Il piccolo popolo, Milano, Armenia editore, 1983.
[2] Aa. vv., Dungeons & Dragons, Monster Manual, edizione italiana Asmodee Italia S.R.L., 2018; Gary Gygax, Advanced Dungeons & Dragons, Monster Manual, TSR, 1977.
[3] Poul Anderson, Tre cuori e tre leoni, Editrice Nord.
[4] Gary Gygax, Advanced Dungeons & Dragons, Dungeon Master Guide, TSR, 1979, Appendix N.

Pubblicato da La Biblioteca del Gatto Rosso

La Biblioteca del Gatto Rosso è una trasmissione radio su libri, narrativa e cinema: ogni episodio è dedicato ad un autore o ad una singola opera e all'influenza che questa ha avuto nel cinema e nella nostra cultura. A partire dalla seconda stagione ho iniziato anche ad occuparmi di narratologia e tecniche narrative, ovvero di come funzionano le storie, anche dal punto di vista delle neuroscienze. La trasmissione va in onda su RADIO SVOLTA tutti i venerdì alle 18 (https://radiosvolta.it). Gli episodi restano poi disponibili come podcast: https://www.spreaker.com/show/la-biblioteca-del-gatto-rosso

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora